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NOTTI ARTICHE - SAREK TRAVERSE

  • Immagine del redattore: Dario Eynard
    Dario Eynard
  • 30 apr 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

Durante la vita ci viene richiesto di trovare un nostro posto, una specie di etichetta che in qualche modo riesce a descrivere chi siamo. A definirsi troppo ci si preclude la possibilità di potersi scoprire in forme differenti; questo concetto emerge anche nei nostri desideri di avventura: l’Alpinismo ha infinite declinazioni e modi in cui potersi esprimere, ecco perché ho sempre adorato questo termine.

Trascinato dai sogni di chi, prima di me, ha avuto la capacità di vivere l’esplorazione dalle grandi pareti ai grandi spazi aperti, ho visto in Reinhold Messner e Walter Bonatti due esempi significativi.

È stato Giacomo Meliffi che, un bel giorno di autunno, mi propone di effettuare una traversata artica nel Parco Nazionale del Sarek, nella Lapponia Svedese. Per me il mondo delle traversate era decisamente sconosciuto, ma come spesso accade, la curiosità ha fatto sì, che un suo sogno in poco tempo è diventato un sogno condiviso.



Cosicché questo desiderio ha preso forma e ci siamo ritrovati, i primi giorni di marzo, alla stazione ferroviaria di Domodossola, pronti ad intraprendere il nostro viaggio. Abbiamo scelto di raggiungere il Sarek e rientrare a casa con mezzi sostenibili: dunque sfruttando treni e pochi autobus locali. Le ragioni di questa scelta sono un insieme tra la volontà di voler trasmettere un esempio positivo, in termini di tutela ambientale, e il desiderio di vivere un viaggio lento, dove non si viene “catapultati” in una realtà differente, ma quest’ultima prende forma con ritmi che lasciano spazio alla riflessione. Il viaggio è stato per noi una parte integrante del percorso.







Dopo quattro giorni, ci troviamo a Kvikkjokk; da qua inizia la nostra traversata scialpinistica: muniti di due pulke (slitte adibite al trasporto materiale), iniziamo il nostro lungo percorso. Abbiamo trascorso una decina di giorni all’interno del parco, muovendoci per 165km lungo l’enorme valle del Rapadalen. All’interno del Sarek abbiamo effettuato tre salite scialpinsitiche: una nella parte del meridionale, lungo la cresta di Boarektjåhkkå, una al centro del parco raggiungendo la vetta di Sarektjåkkå, la cima più alta, ed una nella parte settentrionale su Åhkkå, senza raggiungere la vetta a causa di una perturbazione.

A differenza di un’esperienza che si può vivere su una grande parete, compiere una traversata non presenta mai momenti di alta tensione. Le giornate si scandiscono naturalmente ed iniziano a prendere una loro forma e un loro ritmo: la sveglia tutti i giorni alle 5:30, circa due ore per smontare il campo fare colazione e scogliere la neve; seguono 9 ore di attività interrotte da intervalli prestabiliti e, nuovamente, altre due ore per scavare nella neve, rimontare il campo e preparare la cena.




I giorni e i chilometri avanzano, il paesaggio si presenta con enormi distese di abeti rossi e betulle sul fondovalle e distese infinite di neve lungo gli altipiani che stiamo percorrendo. Uno dei giorni che più mi rimarrà nel cuore è stata la giornata in cui siamo saliti su Sarektjåkkå. Ci trovavamo appena oltre la metà del nostro viaggio: quel giorno siamo partiti da un piccolo capanno di legno. La mattinata non si prospettava delle migliori: la notte ha fatto -20°C, e un leggero nevischio ci ha accompagnato per diverse ore. Pian piano raggiungiamo un colle, tiriamo fuori il materiale alpinistico per percorrere un tratto di cresta e raggiungiamo la vetta. Proprio in quel momento il cielo davanti a noi ha iniziato a schiarirsi: per decine di chilometri attorno a noi si sono svelate solo montagne prive di tracce di qualsiasi uomo. Ricordo che con Giacomo quello spettacolo ci ha fatto sentire ancor di più parte della natura. Poco dopo il cielo si è fatto azzurro, abbiamo così potuto godere della miglior sciata della nostra vita e, perdipiù, arrivati la sera al nostro campo, un’aurora boreale si è timidamente formata sopra la montagna appena sciata. Ricordo l’emozione, già provata altre volte di sentirsi nel posto giusto al momento giusto, un’emozione di serenità e stupore.



Arriviamo al termine della nostra traversata a Ritsem. Da qui altri quattro giorni di mezzi pubblici ci riconducono a casa. Questa volta i pensieri sono diversi: mi sento di aver realizzato un’esperienza particolare, autentica che alla fine di tutto non è altro che una manifestazione diversa dello stesso desiderio di avventura che proviamo sulle grandi pareti. L’esperienza di una traversata però, mette forse in secondo piano l’azione ed è in grado di lasciare molti spazi ai propri pensieri anche durante l’attività. Alla fine è stato questo il nostro obiettivo: vivere una forma per noi nuova ma autentica di avventura e soprattutto farlo in uno stile che ci ha entusiasmato.

 
 
 

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